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L’ATLANTE CELESTE: IL FIRMAMENTO SOBIESCIANUM

Perseo
L’atlante stellare di Hevelius, il Firmamentum Sobiescianum, sive Uranographia (Danzica, 1690) è uno dei più spettacolari libri mai pubblicati, un’opera di rara bellezza in cui si fondono arte, mito e scienza.
Dal punto di vista artistico si tratta di un capolavoro dell’arte incisoria del XVII secolo; comprende 56 tavole a doppia pagina, ricavate da incisioni su rame, raffiguranti le costellazioni così come le descrive la mitologia classica.
Le ultime due tavole rappresentano l’emisfero boreale e quello australe, incorniciati da un trionfo di angeli e putti, che giocano con strumenti astronomici.
All’inizio del volume una tavola raffigura il vecchio Hevelius, con in mano due costellazioni da lui scoperte, prostrato davanti ad Urania e ai grandi astronomi, nell’atto di offrire loro il suo libro.
Soltanto tre tavole (la costellazione dello Scutum Sobiescianum ed i due emisferi) ci hanno tramandato il nome del disegnatore e quello dell’incisore, rispettivamente Andreas Stech e Carolus de la Haye, di Danzica. Tutte le altre sono anonime, ma la tradizione le vuole opera di Hevelius stesso, che altre volte aveva provveduto a disegnare, incidere e stampare da sé le splendide illustrazioni che corredano i suoi libri.

Drago
Il titolo del volume, che si può tradurre come "Il cielo dei Sobieski", fa riferimento a Jan III Sobieski, re della Confederazione Polacco-Lituana dal 1674 al 1696, al quale il libro venne dedicato.
L’Atlante di Hevelius fece scalpore non solo perchè era tremendamente bello: anche dal punto di vista scientifico proponeva molte novità.
Hevelius utilizzò, per determinare la posizione delle stelle, le proprie osservazioni, integrate con i dati delle Tavole Rudolfine e pubblicate nel Prodromus astronomiae, un catalogo stellare di 1564 stelle.
Inoltre, per disegnare le stelle dell’emisfero australe, Hevelius non si limitò a "copiare" gli schemi precedenti, che utilizzavano osservazioni vecchie di un secolo, ma fece riferimento alle misure registrate nel 1676 da Edmond Halley durante la spedizione scientifica nell’isola di Sant’Elena, nell’Atlantico meridionale.
Nell’Atlante di Hevelius sono illustrate per la prima volta undici nuove costellazioni. Di queste, sette sono ancora oggi utilizzate dagli astronomi: Scutum Sobiescianum, Canes venatici, Leo minor, Lynx, Sextans, Lacerta e Vulpecula.
Infine, nel rappresentare sulla carta le costellazioni, Hevelius rinunciò al punto di vista geocentrico utilizzato dai suoi predecessori, che disegnavano la volta stellata così come la si vede alzando gli occhi al cielo. Egli, al contrario, raffigurò le costellazioni come apparirebbero dall’esterno della sfera ideale in cui queste si collocano. Tale scelta porta al risultato di ribaltarne specularmente la posizione.


Per informazioni:
Agnese Mandrino: tel. 02 72320313, agnese.mandrino@inaf.it