Dopo la sua formazione, la stella diventa stabile quando incomincia a produrre energia attraverso la fusione nucleare. Si stabilisce un equilibrio idrostatico al suo interno (cioè la pressione degli strati esterni uguaglia quella della radiazione prodotta all'interno) e un bilancio energetico (l'energia prodotta uguaglia quella irradiata). Affinchè la stella raggiunga una temperatura centrale di 10 milioni di gradi, quella necessaria per la fusione del'idrogeno in elio, sono necessarie alcune decine di milioni di anni.
Le reazioni termonucleari che avvengono all'interno delle stelle consistono nella fusione di due o più nuclei atomici in un nucleo più pesante. La massa del nucleo risultante è leggermente inferiore alla somma delle masse dei nuclei di partenza. La differenza di massa M è quella che viene trasformata in energia (E), secondo la nota legge di Einstein
E = M c 2
dove c è la velocità della luce. La fusione di due nuclei atomici, che essendo costituiti da protoni e neutroni possiedono una carica elettrica positiva, è ostacolata dalla reciproca repulsione elettrostatica. Pertanto, è necessario che il gas abbia altissime pressioni e temperature, cioè una grande energia cinetica, per poter vincere la repulsione dei nuclei e riuscire a fonderli. Più grandi sono i nuclei atomici e maggiore è la repulsione elettrica, quindi la temperatura necessaria alla fusione.
Tutte le stelle iniziano la propria vita bruciando idrogeno nel nucleo e trasformandolo in elio, ma la loro evoluzione successiva dipende dalla loro massa iniziale, quella che possiedono al momento della nascita.
La prima differenza riguarda la durata della loro vita. La luminosità
di una stella dipende dalla sua massa: più precisamente, è
proporzionale al quadrato della massa per le stelle della bassa sequenza
principale, alla terza o quarta potenza della massa per le più massicce.
La massa di una stella determina anche la quantità di combustibile
a disposizione per le reazioni di fusione nucleare: la luminosità
è una misura del ritmo con il quale questa materia viene consumata.
Perciò il tempo di vita di una stella, cioè il tempo necessario
affinchè essa consumi tutto il combustibile a sua disposizione,
è circa pari al rapporto tra la sua massa e la sua luminosità.
Siccome la luminosità aumenta più rapidamente della massa,
questo rapporto è tanto più piccolo quanto più massiccia
è la stella. Le stelle più calde, massicce e luminose, quelle
che popolano la parte alta della sequenza principale,
sono dunque quelle che vivono meno a lungo. Le più grandi bruciano
idrogeno nel nucleo solo per pochi milioni di anni, mentre le stelle più
piccole della sequenza possono farlo anche per 100 miliardi di anni. Il
nostro Sole, che è una stella abbastanza piccola, ha un tempo di
vita in sequenza principale di circa 10 miliardi di anni, cinque dei quali
sono già trascorsi.
Inoltre, più grande è la massa della stella, maggiore
è la temperatura centrale che questa è in grado di raggiungere
contraendosi. La fusione dei nuclei atomici richiede una temperatura tanto
maggiore quanto più essi sono pesanti, quindi solo nelle stelle
più massicce possono essere sintetizzati gli elementi pesanti. Infine,
maggiore è la temperatura e più rapido è il processo
di fusione.
Via via che una stella esaurisce un combustibile e incomincia la fusione
di un elemento più pesante, il processo accelera sempre di più.
Un altro fattore che interviene nell'evoluzione delle stelle è
lo stato fisico del gas al suo interno; in condizioni di densità
relativamente basse, il gas di ioni ed elettroni si trova in uno stato
fisico normale. Se la densità aumenta oltre un certo limite, invece,
il gas diventa degenere. Nel primo caso, il gas possiede
un meccanismo di regolazione termostatica, nel senso che la sua pressione
è proporzionale alla sua temperatura. Il gas reagisce ad un aumento
di temperatura aumentando la pressione; questo produce un'espansione e
un raffreddamento. In questo modo pressione e temperatura sono sempre autoregolate,
e l'aumento di temperatura non provoca l'accumulo di energia all'interno
del gas.
In un gas degenere, invece, la pressione non dipende più dalla
temperatura. Se la temperatura del gas aumenta, esso non si espande e l'energia
accumulata non può venire dissipata. Oltre un certo limite, questo
accumulo di energia rende instabile la stella e ne provoca l'esplosione.
Durante la fusione dell'idrogeno in elio, la stella possiede una temperatura,
una luminosità ed un colore ben definiti; ad essi corrisponde una
posizione sul diagramma H-R. Tutte le stelle
che si trovano nella fase di fusione dell'idrogeno, che è la fase
di maggior durata dell'intera vita stellare, hanno nel diagramma H-R una
posizione compresa entro la fascia della sequenza principale. La
massa della stella determina la posizione del suo punto rappresentativo
sulla sequenza: tanto maggiore è la massa, tanto maggiori sono la
sua temperatura e luminosità nella fase di bruciamento dell'idrogeno,
e viceversa.
La stella rimane stabile per tutta la durata di questa fase, che può
variare, secondo la sua massa, da pochi milioni a svariati miliardi di
anni. Quando l'idrogeno sta per essere esaurito nel nucleo, l'equilibrio
idrostatico che si era stabilito viene a mancare, perchè l'energia
prodotta dalla fusione non è sufficiente a controbilanciare la pressione
degli strati esterni della stella. Di conseguenza, il nucleo incomincia
a contrarsi e a riscaldarsi, in modo da accelerare la fusione dell'idrogeno
restante e dare il via alla fusione di elio in carbonio. Questo produce
un sovrariscaldamento della stella, che deve contemporaneamente espandere
gli strati più esterni per dissipare l'energia in eccesso. La temperatura
superficiale della stella diminuisce, e di conseguenza il suo colore si
fa via via più rosso, mentre la luminosità complessiva aumenta,
dato che la superficie emittente è aumentata con l'espansione. La
stella diventa cioè una gigante rossa, una stella
più fredda e più luminosa rispetto alle stelle di sequenza
principale. Il suo punto rappresentativo sul diagramma H-R si sposta verso
l'alto e verso destra, risalendo quello che viene detto il "ramo delle
giganti rosse". Contemporaneamente, la stella comincia a perdere massa,
attraverso l'espulsione di parte dei suoi strati più esterni. La
massa perduta alla fine di questa fase può essere anche una frazione
significativa della massa iniziale della stella.
Quando la temperatura centrale della stella ha raggiunto i 100 milioni
di gradi, i nuclei di elio incominciano a fondersi a tre per volta per
formare un nucleo di carbonio. La stella si sposta dalla regione delle
giganti rosse ancora verso la sequenza.
Se la stella ha una massa inferiore a circa due volte la massa del
Sole, la sua evoluzione attiva termina qui. Le stelle più piccole,
infatti, sono più compatte di quelle grandi e, nel loro nucleo,
il gas è così denso da raggiungere lo stato degenere: in
queste condizioni, non è possibile un'ulteriore contrazione del
nucleo, e la stella non può innescare la fusione del carbonio prodotto.
Quando l'elio sta per esaurirsi, il nucleo si contrae e gli strati esterni
si espandono, per la minore produzione di energia all'interno; nel diagramma
H-R, il suo punto rappresentativo risale verso il ramo delle giganti rosse.
A questo punto, la stella diventa instabile e gli strati più esterni
incominciano a pulsare, fino a quando non vengono espulsi in direzione
radiale, lasciando scoperto il nucleo caldo e denso della stella: una nana
bianca. L'insieme della stella centrale e della nube di gas espulso
prende il nome di nebulosa planetaria.
Le stelle più massicce ripetono più volte il ciclo di
contrazione ed espansione, innescando ogni volta la fusione di un elemento
più pesante all'esaurirsi del combustibile precedente, mentre il
loro nucleo si riscalda sempre più. A 800 milioni di gradi incomincia
la fusione dei nuclei di carbonio, che dà origine ad elementi come
l'ossigeno, il magnesio, il neon. A temperature di 1,4 miliardi di gradi
i nuclei di ossigeno si fondono, formando silicio, zolfo, fosforo, e così
via.
La catena dei bruciamenti nucleari si interrompe quando il gas nel
nucleo della stella, che ad ogni contrazione è rimasto sempre più
denso e compatto, diventa degenere. A questo punto, la fusione del successivo
combustibile nucleare rilascia nel gas degenere una grande quantità
di energia, che provoca l'esplosione della stella come supernova.
Il gas arricchito di elementi pesanti viene restituito al mezzo interstellare:
l'esplosione delle supernovae rappresenta il principale meccanismo di arricchimento
chimico delle galassie. Gli strati esterni della stella vengono espulsi
nello spazio, mentre il suo nucleo collassa sotto la propria spinta gravitazionale,
formando un oggetto estremamente denso e compatto.
Solo le stelle con massa superiore a 12-13 volte quella del Sole percorrono
tutto il ciclo dei bruciamenti nucleari, arrivando a sintetizzare il ferro,
dopodichè la catena si interrompe: la fusione del ferro in elementi
più pesanti è infatti endoenergetica, cioè, invece
di liberare energia, ne assorbe.
Il ferro sintetizzato nel nucleo della stella subisce quindi un'instabilità:
i nuclei di ferro si frantumano e, sotto l'enorme pressione alla quale
sono sottoposti dagli strati di gas sovrastanti, collassano su se stessi.
Il nucleo si contrae, alla ricerca di una nuova configurazione di equilibrio
idrostatico. Gli strati esterni cadono sul nucleo a grande velocità,
urtando contro la sua superficie. L'onda d'urto che si forma riscalda il
gas fino a temperature altissime; in queste condizioni si innescano immediatamente
bruciamenti nucleari molto rapidi, che depositano una grande quantità
di energia negli strati di gas, facendo esplodere la stella come supernova.
La sorte del nucleo, a questo punto, dipende dalla sua massa: se è
inferiore ad un certo limite critico (qualche volta la massa del Sole),
i nuclei si fondono con gli elettroni, formando un "mare" compatto e densissimo
di neutroni. Ciò che rimane della stella si assesta in una configurazione
di equilibrio, una stella di neutroni.
Se invece la massa del nucleo è superiore a quel limite, nulla
può fermare il suo collasso, che diventa irreversibile; mentre il
nucleo si contrae, a massa costante, la forza di gravità in superficie
aumenta. In accordo con la teoria della Relatività Generale, lo
spazio intorno alla stella si deforma, incurvandosi e modificando le traiettorie
dei corpi che vi passano vicino. La stella scompare, perchè perfino
la luce resta intrappolata all'interno del suo enerome campo gravitazionale:
si è formato un buco nero.
Le giganti e le supergiganti rosse sono tra gli astri più brillanti
del cielo. Esse sono formate dall'inviluppo espanso e rarefatto di stelle
evolute, che circonda un nucleo caldo e compatto. Pur avendo masse abbastanza
modeste, le più grandi giganti rosse hanno raggi centinaia di volte
maggiori di quello del Sole. Le loro atmosfere si estendono per milioni
di kilometri, con densità inferiori a 10-5 grammi per
cm3. Si pensi che, quando il Sole diventerà una gigante
rossa, i suoi strati esterni si espanderanno fino oltre l'orbita di Marte,
inghiottendo i pianeti più interni, tra cui la Terra.
Le temperature superficiali delle giganti rosse si aggirano sui 3.000
gradi, perciò i loro spettri sono dei tipi K e M. Tra le giganti
rosse più note, ricordiamo per esempio Antares nella costellazione
dello Scorpione, e Betelgeuse in Orione.
Questi astri perdono continuamente gas, che viene soffiato via sotto
forma di vento stellare; questa perdita di materia è decisiva per
la stella in quanto, come abbiamo visto, la massa determina il tipo di
evoluzione a cui essa va incontro.
Questo tipo di nebulosa è costituito da una stella centrale caldissima,
compatta e di piccole dimensioni, al centro di un disco o un anello gassoso
luminoso. Il sistema ha dimensioni relativamente ridotte, in genere inferiori
ad un anno luce. Le prime nebulose
planetarie osservate furono perciò paragonate al pianeta Saturno
e ai suoi anelli, e a questo devono il loro nome. La stella che si trova
al centro di una nebulosa planetaria è il residuo di una stella
di piccola massa, nelle ultime fasi della sua evoluzione. Essa possiede
temperature altissime, tra i 30mila e i 150mila gradi, ed emette prevalentemente
nella regione ultravioletta dello spettro; è anche piuttosto piccola
e compatta, con dimensioni inferiori ad un quinto del raggio del Sole.
Si pensa che le nebulose planetarie abbiano origine dalle stelle supergiganti
rosse, le quali espellono gli strati più esterni, composti di idrogeno
ed elio, "spazzandoli via" nello spazio. Questo gas forma così un
guscio sferico che si espande sempre più lentamente. Esso viene
ionizzato dalla radiazione della stella centrale: quando gli elettroni
si ricombinano con gli ioni, il gas emette radiazione.
Col tempo, la nebulosa si disperde nello spazio: la durata dell'intero
processo è probabilmente inferiore ai 100.000 anni. Anche questo
è un meccanismo attraverso il quale le stelle restituiscono al mezzo
interstellare parte del gas da cui si sono formate, arricchito di elementi
pesanti.
Tuttavia, non sempre le nebulose planetarie mostrano la ben nota simmetria
sferica della famosa nebulosa M57, nella costellazione della Lira, visibile
di seguito.
La nebulosa planetaria M57 nella
costellazione della Lira. (SEDS)
Gli astronomi che hanno studiato questo oggetto peculiare hanno proposto
due possibili spiegazioni: la prima prevede la possibile presenza di una
stella molto più debole e non ancora nota che orbiti intorno alla
prima e che perturbi il gas emesso dalla stella principale. La seconda
fa riferimento alla possibilità che la stella generante la nebulosa
ospiti un intenso campo magnetico che accoppiato alla sua rotazione potrebbe
creare configurazioni come quelle mostrate in figura.
Le nane bianche rappresentano lo stadio finale della vita di stelle
di piccola massa. Il prototipo di questo tipo di stelle è Sirio
B, la compagna della più nota stella Sirio, con la quale forma un
sistema
binario. Durante e dopo la fase di gigante rossa, come abbiamo visto,
la stella si spoglia dei suoi strati esterni e la parte restante va incontro
ad un rapido collasso. Se la massa rimanente, quella del nucleo stellare,
è inferiore ad un certo limite critico, pari a 1.44 volte la massa
del Sole, il collasso ad un certo punto si arresta e la stella trova una
configurazione di equilibrio stabile, diventando una nana bianca.
Tanto maggiore è la massa della stella, tanto minore è
il raggio finale della nana bianca. Questo tipo di stella è molto
piccola, densa e compatta, in rapida rotazione. Essa deve il suo nome al
fatto che ha un raggio molto minore di una stella normale, ed essendo caldissima,
emette luce a lunghezze d'onda più corte, cioè bianca, come
le stelle dei primi tipi spettrali. Una nana bianca ha una massa confrontabile
con quella del Sole e dimensioni di un pianeta come la Terra. Il gas della
nana bianca è completamente degenere, ad eccezione di uno straterello
superficiale di materia che si trova allo stato fisico ordinario, prevalentemente
idrogeno ed elio. La degenerazione di un gas (di elettroni, di neutroni
o di ioni) si instaura quando esso viene compresso fino oltre una certa
densità critica. In un gas degenere, nello spazio normalmente occupato
da un solo atomo si trovano centinaia di migliaia di particelle. In una
nana bianca, la materia è compressa fino a densità di 106
- 107 grammi per cm3: a queste densità, una
quantità di materia delle dimensioni di una zolletta di zucchero
peserebbe più di un'automobile qui sulla Terra! Pur essendo così
compressa, la materia al suo interno si trova però allo stato gassoso,
contrariamente a quanto avverrebbe per la materia normale, che ad alte
pressioni solidifica.
Un gas degenere è estremamente resistente ad un'ulteriore compressione,
perchè esercita esso stesso una fortissima pressione: è questa
pressione che sostiene la nana bianca. La stella non può più
contrarsi ed innescare la fusione nucleare al suo interno: una nana bianca
perciò è una stella "morta", destinata a splendere a spese
della sua energia interna, senza poterne produrre di nuova. D'altra parte,
la temperatura iniziale di una nana bianca può raggiungere i 100.000
gradi ed il suo raffreddamento, fino a temperature prossime allo zero,
richiede svariati miliardi di anni; tenendo conto che l'età dell'universo
è di 15-20 miliardi di anni, è probabile che nessuna nana
bianca sia ancora giunta alla sua "morte termica".
Se in un sistema binario una delle due stelle è una nana bianca,
può verificarsi il fenomeno della nova.
Fin dall'antichità sono state segnalate apparizioni di stelle
"nuove", cioè apparizioni di stelle mai viste in precedenza. Queste
stelle restavano brillanti per qualche settimana o pochi mesi, per poi
affievolirsi e scomparire di nuovo. Da questo deriva il nome di "novae",
cioè stelle nuove. Oggi sappiamo che questo fenomeno non è
dovuto alla comparsa di nuove stelle, bensì all'esplosione di stelle
già esistenti e non visibili, che le rende improvvisamente più
brillanti e permette di rivelarle. L'esplosione, che è meno violenta
di quella di una supernova e non distrugge completamente
la stella, è dovuta ad un meccanismo legato alla sua evoluzione.
Le novae, nel loro stato normale, sono stelle compatte non molto brillanti
e ad alta temperatura (tipicamente nane bianche), che fanno parte di sistemi
binari; la compagna è una stella evoluta ed espansa, come una
gigante rossa, dalla quale fluisce in continuazione materia gassosa. Il
gas perso si raccoglie in un disco di accrescimento
attorno alla stella compatta, cadendovi sopra lentamente. La caduta di
materia sulla nana bianca continua finchè questa non raggiunge una
massa limite; a questo punto produce nella stella una reazione di tipo
esplosivo, che la libera di parte della materia che aveva guadagnato.
La luminosità della stella cresce anche di 11-12 magnitudini,
passando da un valore tipico intorno a +4 o +5 fino a circa -7.5 al massimo
dello splendore. Nell'esplosione gli strati esterni della stella, che possiedono
temperature di 10-15.000 gradi, vengono espulsi con velocità fino
a 3.000 Km/s. Allontanandosi dalla stella, il gas espulso diventa meno
denso, rallenta e si raffredda, formando una piccola nebulosa.
Tipicamente, una nova emette nell'esplosione tanta energia quanta il
Sole ne emette in 100.000 anni. La massa espulsa, invece, è una
piccola frazione della massa totale della stella, all'incirca un centomillesimo.
Dopo qualche anno la stella che ha subito l'esplosione ritorna più
o meno quella di prima.
Il fenomeno delle novae può ripetersi, quando si ripresentino
le condizioni appropriate. In questo caso si parla di "novae ricorrenti".
Non tutte le novae si comportano però allo stesso modo; alcune salgono
improvvisamente al massimo di luminosità, raggiunto il quale si
affievoliscono nel giro di pochi mesi; in altri casi la stella impiega
più tempo a raggiungere il culmine dello splendore, subisce esplosioni
multiple che si susseguono nel tempo ed impiega anni per tornare al minimo
di luminosità.
Quando una stella esplode come supernova, avviene uno dei fenomeni più
spettacolari che il cielo possa offrire. L'esplosione avviene quando il
nucleo di una stella abbastanza massiccia collassa, al termine della sequenza
dei bruciamenti nucleari. Gli strati esterni cadono sul nucleo riscaldandosi,
e di colpo si innescano delle reazioni di fusione termonucelare. Esse producono
una grandissima quantità di energia, che si deposita nel gas sotto
forma di energia cinetica: gli strati vengono espulsi a grandissime velocità
(decine di migliaia di chilometri al secondo), in un'esplosione immane.
L'energia sviluppata da una supernova è tale che per qualche settimana
essa emette, da sola, la quantità di luce emessa da un'intera galassia!
La luce emessa dalla supernova si affievolisce e scompare nel giro di qualche
anno, lasciando una nube di gas in espansione rallentata. I resti di supernova,
cioè il gas espulso nell'esplosione, compongono alcune delle più
belle nebulose che conosciamo.
Al centro della supernova resta un buco nero oppure
una stella di neutroni. L'esplosione libera nello spazio
interstellare gas ad altissima temperatura, fortemente ionizzato, raggi
cosmici; gli elettroni liberi e gli ioni portano con sè un intenso
campo magnetico. Se attorno alla supernova c'è del gas interstellare,
il materiale espulso lo comprime e viene rallentato a sua volta; il gas
interstellare viene riscaldato ed emette radiazione. Il gas in espansione
assume via via una struttura a filemanti e a strati sottili, sfilacciati.
Il resto di supernova emette radiazioni di vario tipo: ottiche, radio,
infrarosse, ma anche X e gamma. Anche quando esso si è raffreddato,
emette radiazione di sincrotrone, causata da un rapido moto degli elettroni
liberi attorno alle linee del campo magnetico del gas. L'emissione X viene
invece prodotta nell'interazione degli ioni e degli elettroni col gas interstellare.
Dato che le stelle di grande massa sono solo una piccola frazione del
totale, l'esplosione di una supernova è un evento piuttosto raro:
si stima che nella nostra Galassia esplodano in media 3 supernovae al secolo.
Le ultime due supernovae esplose nella nostra Galassia sono quella del
1572, nella costellazione di Cassiopeia, e quella del 1604 in Ofiuco. Le
supernovae sono ben visibili tuttavia anche in galassie esterne, anzi rappresentano
uno dei migliori modi per stimarne la distanza.
Alcune supernovae sono entrate nella storia dell'astronomia. Molto
nota è quella esplosa nel 1054, che fu osservata dagli antichi astronomi
della Cina e che fu così luminosa da essere visibile per un pò
di tempo anche durante il giorno. Il residuo di quella supernova costituisce
oggi la Nebulosa del Granchio, detta cosi per la sua struttura tentacolare.
Un altro resto di supernova è quello noto come Cygnus Loop (anello
del Cigno, nell'omonima costellazione), residuo di una stella esplosa circa
50.000 anni fa, che ancora emette uno spettro a righe di emissione. Il
ruolo delle supernovae nell'evoluzione delle galassie è fondamentale,
non soltanto perchè esse arricchiscono il gas interstellare di elementi
pesanti, ma anche perchè, attraverso una compressione dello stesso
gas, inducono la formazione di nubi dense e quindi di nuove stelle.
NGC 1952, più nota come Nebulosa del Granchio, è il
residuo dell'esplosione di una supernova avvenuta nel 1054. Questo evento
fu osservato dagli antichi astronomi cinesi. Al centro della nebulosa,
che si trova a circa 6.000 anni luce da noi, c'è una pulsar,
che ruota con un periodo di 1/30 di secondo.
(Cortesia Bill Arnett) |
L'immagine mostra la supernova 1994I nella galassia M51, a 20 milioni di anni luce da noi. La freccia indica la posizione della supernova, a circa 2000 anni luce dal nucleo. (HST). |
SN 1994D in NGC 4526. La supernova, indicata dalla freccia, è
apparsa in prossimità di una "dust lane" (zona altamente assorbita
dalla polvere) della galassia progenitrice
(Patat et al. 1994) |
Curva di luce della SN 1993J in M81nelle bande BVRI
(Barbon et al. 1995). |
Questi insoliti astri si formano durante le fasi finali dell'evoluzione
di una stella con massa del nucleo compresa tra 1.44 e circa 3 volte la
massa del Sole. Dopo aver esaurito la catena dei bruciamenti nucleari,
la stella si contrae bruscamente, sotto la propria spinta gravitazionale,
mentre gli strati esterni si espandono. La stella subisce un collasso così
violento da non riuscire a riassumere la configurazione di equilibrio di
nana bianca, come le stelle più piccole. Essa raggiungerà
l'equilibrio in uno stato ancora più estremo, diventando una stella
di neutroni. Il collasso prosegue infatti finchè gli stessi nuclei
atomici si frantumano e i protoni si fondono con gli elettroni, formando
un "mare" di neutroni degeneri ad altissima densità (1013
- 1014 grammi per cm3). La pressione dei neutroni
degeneri sostiene la stella, impedendone un'ulteriore collasso.
Si sa ancora poco sulla struttura interna e sullo stato fisico di una
stella di questo tipo, tranne che possiede un campo gravitazionale ed un
campo magnetico estremamente intensi. Inoltre, una stella di neutroni dev'essere
in rapidissima rotazione su se stessa, proprio a causa della propria contrazione:
come una pattinatrice sul ghiaccio si mette a ruotare più rapidamente
quando raccoglie le braccia al corpo e viceversa rallenta quando le estende,
così una stella o una nube di gas si mettono in rotazione attorno
al proprio asse durante una contrazione.
Una massa confrontabile con quella del Sole si è ridotta alle
dimensioni di un grosso asteroide: le dimensioni tipiche di una stella
di neutroni sono infatti di circa 30 Km di diametro! A quelle densità,
una quantità di materia grande quanto una zolletta di zucchero avrebbe
una massa pari a quella di tutta l'umanità...
Le stelle di neutroni non emettono luce come le stelle, perciò
non sono "visibili" nel senso stretto del termine. Tuttavia ne sono state
individuate diverse sulla base di evidenze indirette: esse danno luogo
infatti al fenomeno delle pulsar. Nel 1967, i radioastronomi si
accorsero di alcune strane sorgenti, delle specie di "radiofari" che emettevano
impulsi radio ad intervalli regolari e molto brevi, dell'ordine delle frazioni
di secondo. In seguito questo fenomeno venne spiegato come una stella di
neutroni in rapida rotazione e dotata di una campo magnetico molto intenso:
quest'ultimo creerebbe infatti un forte campo elettrico. Sottoposti a questo
campo elettrico, gli ioni e soprattutto gli elettroni presenti vengono
sospinti fuori dai poli magnetici della stella; spiraleggiando attorno
alle linee del campo magnetico, gli elettroni vengono decelerati ed emettono
radiazione di sincrotrone. Se l'asse magnetico della stella (che non necessariamente
coincide con quello di rotazione) è inclinato rispetto a noi, ogni
volta che un polo magnetico si trova nella direzione della nostra linea
di vista, osserviamo un lampo di radiazione.
Le pulsar non emettono soltanto nella banda radio, ma anche nell'ottico,
nell'ultravioletto, nelle bande X e gamma, con lo stesso periodo degli
impulsi radio. Queste radiazioni vengono emesse a spese dell'energia della
stella, la quale rallenta progressivamente la propria rotazione: il periodo
passa da una frazione di secondo fino a qualche ora o giorno.
Se la massa del nucleo della stella, al termine della sequenza dei bruciamenti
nucleari, è superiore a circa 3 volte la massa del Sole, il collasso
che esso subisce non può essere fermato nemmeno dalla pressione
delle particelle che lo compongono: esso prosegue inarrestabile, dando
origine ad un buco nero, una specie di mostro che inghiotte tutta la materia
che si trova entro una certa distanza e dal quale niente può scappare.
La forza di gravità, in questo caso, è così grande
da comprimere le particelle fino ad una densità praticamente "infinita":
la materia viene ridotta in uno stato fisico sconosciuto, ma sicuramente
diverso da quello della materia che conosciamo.
L'esistenza dei buchi neri è prevista dalla Relatività
Generale di Einstein. Nel collasso, la stella si "ripiega" su se stessa
ed incurva lo spaziotempo circostante a causa della sua enorme gravità.
La gravità superficiale di un buco nero è così alta
che nemmeno la luce può sfuggirle, nemmeno la luce, perciò
esso è completamente oscuro e non si può rivelarne uno in
modo diretto.
Come per ogni stella o pianeta, anche per un buco nero si può
definire la velocità di fuga ad una certa distanza D, cioè
la minima velocità che un corpo dovrebbe avere per poter sfuggire
all'attrazione gravitazionale che il buco nero esercita alla distanza D.
Ragionando all'inverso, per una data velocità si può trovare
la distanza minima alla quale l'oggetto può avvicinarsi al buco
nero senza venirne catturato: se si pone questa velocità pari a
quella della luce (la massima velocità possibile), si trova la distanza
oltre la quale nemmeno la luce può sfuggire al buco nero. Questo
limite prende il nome suggestivo di "orizzonte degli eventi" e delimita
la regione interna, dalla quale nessun segnale può raggiungere l'esterno:
di tutto ciò che avviene all'interno non possiamo avere notizie.
Non è possibile definire per un buco nero una vera e propria
superficie: le proprietà che caratterizzano questo oggetto sono
la sua massa ed il cosiddetto raggio di Schwarzschild (dal nome del fisico
che studiò per primo i buchi neri dal punto di vista teorico), cioè
la distanza dal centro all'orizzonte degli eventi. Tra queste due quantità
intercorre la relazione
RS = 2GM/c2
dove RS è il raggio di Schwarzschild, G la costante
di gravitazione universale, M la massa del buco nero e c la velocità
della luce. Tanto maggiore è la massa di un buco nero, tanto maggior
è il suo "raggio d'azione". Sostituendo i valori delle costanti,
RS è pari a 3 (M/MS) Km, dove MS è la massa del
Sole.
Fino a non molti anni fa non c'erano prove dell'esistenza effettiva
dei buchi neri. Infatti, essi possono essere rivelati soltanto dagli effetti
gravitazionali che esercitano sulla materia circostante. Per esempio, se
una delle componenti di un sistema binario è un buco nero e l'altra
una stella normale, la presenza del primo sarà rivelata dal moto
orbitale della seconda attorno al centro di massa comune. Spesso, quando
anch'essa evolve in gigante rossa e si espande, parte del gas dei suoi
strati più esterni può formare un disco
di accrescimento attono al buco nero. Dal disco, il gas cade lentamente
sul buco nero; l'attrito cresce verso il bordo interno del disco, il gas
si riscalda e produce un ampio spettro di radiazione, soprattutto nelle
bande X e ultravioletta. Questa radiazione permette anch'essa di rivelare
la presenza di un oggetto compatto con un disco di accrescimento.
Con il lancio dei primi satelliti dotati di rivelatori in raggi X,
vennero scoperte dentro e fuori della nostra Galassia molte sorgenti X
prima sconosciute (la nostra atmosfera, infatti, blocca la maggior parte
dei raggi X provenienti dallo spazio). Esse emettono nella banda X più
di quanto non emettano nell'ottico e il loro spettro è di tipo non
termico, cioè non è del tipo emesso da una stella. Alcune
di queste sorgenti X sono di natura "stellare", come Cygnus X-1, Scorpio
X-1 o Hercules X-1; sembra che Cygnus X-1 sia un sistema binario del tipo
prima descritto, con un buco nero con massa di circa 6 volte la massa del
Sole ed una stella di 20 volte la massa del Sole. Altre sorgenti X sono
pulsar, altre ancora coincidono con galassie o quasar.
Come abbiamo detto, il campo gravitazionale del buco nero è così forte da incurvare lo spaziotempo circostante; una delle conseguenze principali è che un raggio di luce che passa nelle vicinanze del buco nero, come di una grande concentrazione di massa, si incurva e cambia direzione; è ciò che sta alla base del fenomeno delle lenti gravitazionali. Se il raggio di luce passa alla distanza RS, viene incurvato così tanto da cominciare a girare in tondo attorno al buco nero! La presenza di un buco nero molto massiccio, interposto tra noi ed una sorgente di luce come una galassia distante, potrebbe quindi essere rivelata anche dall'effetto di lente gravitazionale sulla radiazione proveniente dalla sorgente.
Sembra che buchi neri supermassicci esistano o siano esistiti nei nuclei
delle galassie attive e che l'accrescimento
di materia su questi oggetti ne rappresenti il motore energetico centrale.