LA STRUTTURA DELL'UNIVERSO
 

La radiazione di fondo cosmica
 

La teoria del Big Bang rimase per molti anni una semplice ipotesi di lavoro, mancando le prove della sua validità, fino a quando non venne scoperta la radiazione di fondo cosmico a microonde (Cosmic Microwave Background Radiation, CMBR).
Nel 1965 due tecnici dei laboratori della Bell Telephone, studiando un rumore di fondo dell'antenna radio, si accorsero che si trattava in realtà di un debole segnale radio proveniente dallo spazio, con la medesima intensità in tutte le direzioni.
Ben presto si scoprì che esso poteva essere il residuo della radiazione prodotta, secondo la teoria del Big Bang, dopo l'esplosione che ha dato origine all'universo. La radiazione di fondo venne quindi studiata per verificare le previsioni dei vari modelli cosmologici nell'ambito della teoria del Big Bang.
Nel 1990, il satellite COBE (COsmic Background Explorer) lanciato dalla NASA, fornì altre conferme riguardo al fatto che la CMBR ha esattamente lo stesso profilo di intensità previsto dalla teoria (vedi figura sotto).

La CMBR non è altro che la radiazione prodotta dopo il Big Bang, spostatasi a basse frequenze a causa dell'espansione e del raffreddamento dell'Universo.
La radiazione viene caratterizzata, in astrofisica, da una temperatura tipica, detta "temperatura di corpo nero". Tanto maggiore è la frequenza della radiazione, tanto maggiore è la sua temperatura di corpo nero. La CMBR è una radiazione di bassissima frequenza, con una lunghezza d'onda intorno a 0.2 cm e una temperatura caratteristica intorno ai 3 gradi Kelvin (ben -270 oC).
 
 

Intensità della radiazione di fondo cosmica in funzione della frequenza, misurata dal satellite COBE. (NASA Goddard Space Flight Center)

 

La struttura a larga scala dell'Universo
 

Nel 1992, COBE fece un'altra importante scoperta: la CMBR presenta delle lievissime variazioni di intensità alle varie frequenze (cioè variazioni di temperatura) nelle varie direzioni dello spazio. Questa scoperta è stata molto importante, perchè ha confermato la teoria. Infatti, dato che la radiazione di fondo si è prodotta per annichilazione di materia e antimateria, la disomogeneità della radiazione di fondo rispecchia quella nella distribuzione della materia nello spazio.
La materia primordiale non era cioè distribuita in modo omogeneo, bensì in regioni leggermente più dense o meno dense rispetto alla media.
L'anisotropia della temperatura della CMBR, come misurata dal satellite COBE. In rosso sono rappresentate le zone a temperatura più alta, in blu e nero quelle di temperatura più bassa. (COBE, NASA)
Immagine in falsi colori delle anisotropie della CMBR tra 2.724 K e 2.732 K. Il piano della nostra Galassia giace lungo l'asse maggiore dell'ellisse.La differenza di temperatura tra le regioni in rosso (le più calde) e quelle in blu è di 0.0002 K. (COBE,NASA) 

Anche se l'Universo su larghissima scala è quasi omogeneo, la misura delle posizioni di migliaia di galassie, compiute dagli astronomi negli ultimi anni, ha mostrato che esse non sono distribuite uniformemente. Le galassie e gli ammassi si riuniscono in enormi addensamenti piatti, come dei giganteschi "fogli", e altri allungati, detti "filamenti", separati tra loro da immense regioni vuote, i cosiddetti "voids". La struttura d'insieme dell'Universo assomiglia quindi ad una sorta di "spugna".
Inoltre, molti ammassi di galassie sono coinvolti in moti d'insieme verso altri giganteschi ammassi, detti "attrattori" per la loro spinta gravitazionale.

Come si spiegano queste strutture? Secondo i cosmologi, sono dovute all'amplificazione di piccolissime disomogeneità nella distribuzione iniziale di materia, le stesse rivelate dall'anisotropia della radiazione di fondo cosmica. Dopo il Big Bang, su scale temporali di miliardi di anni, le forze gravitazionali avrebbero "condensato" la materia sempre più. Si sarebberò formate prima le galassie, poi gli ammassi e i superammassi, e infine le strutture più grandi come gli attrattori.
La struttura a larga scala dell'Universo, con i suoi addensamenti di galassie e i suoi "vuoti", si può vedere in questa mappa che comprende ben 11mila galassie. La nostra Galassia si trova al centro, e il raggio esterno ad una distanza di circa 450 milioni di anni luce. La regione di cui mancano informazioni è quella lungo il piano della Galassia, perchè le stelle della Via Lattea oscurano le galassie esterne. (Smithsonian Astrophysical Observatory) 

 

La materia oscura
 

Il modo in cui si sono formate le strutture su larga scala dell'Universo dipende dal campo gravitazionale esistente, cioè dalla quantità totale di materia presente. Sembra che una componente particolare della materia abbia guidato, più delle altre, questo processo di addensamento: la cosiddetta "materia oscura", che secondo le moderne teorie domina l'Universo.
Negli ultimi decenni, gli astronomi hanno raccolto svariate prove dell'esistenza di un tipo di materia invisibile che lega galassie e ammassi di galassie per mezzo della sua attrazione gravitazionale, ma la sua natura resta tuttora ignota. La sua presenza è rivelata da alcune evidenze indirette:

1) la rotazione delle galassie a spirale.
Le galassie a spirale sono dotate di una rotazione differenziale, nel senso che non sono in rotazione rigida attorno all'asse centrale, ma ogni stella ruota attorno a questo asse con velocità variabile con la sua distanza dal centro. Ora, la velocità di rotazione dipende dal campo gravitazionale a cui essa è soggetta, quindi alla distribuzione di materia nella galassia stessa. Le velocità di rotazione nelle galassie a spirale variano con la distanza dall'asse di rotazione, come se una gran parte della materia in esse contenuta fosse distribuita nelle loro regioni esterne. In realtà, la massa luminosa delle galassie (cioè le stelle e il gas) è concentrata verso il nucleo e la sua densità decresce verso l'esterno. Se ne deduce che queste galassie devono essere circondate da un grande alone di materia invisibile, che contribuisce al campo gravitazionale delle stesse ma non alla loro emissione luminosa: la materia oscura.

2) la distribuzione di velocità negli ammassi di galassie.
In un gruppo di galassie agiscono due forze contrapposte: la forza gravitazionale dell'insieme, che tende a tenere unito l'ammasso, e la spinta gravitazionale di una galassia sulle altre, che tende invece ad aumentarne la velocità relativa e a disperdere l'ammasso.
A partire da una stima della massa totale delle galassie di un ammasso, è possibile calcolare all'incirca la velocità massima che esse possono avere al suo interno perchè esso resti stabile. Si è notato però che in molti ammassi le galassie hanno velocità molto superiori a questo limite, anche di cento volte superiore, pur essendo legate in una configurazione stabile. Questo significa che il campo gravitazionale che le lega è molto intenso, ma non è dovuto alla materia osservabile.
L'ammasso dev'essere quindi tenuto insieme da un tipo di materia molto abbondante ma non visibile.
Formazione delle immagini multiple in una lente gravitazionale. (Disegno di D. Berry, STScI)

3) le lenti gravitazionali
le lenti gravitazionali sono agglomerati di materia, il cui campo gravitazionale è così intenso da causare una deviazione nel percorso dei raggi di luce che vi passsno vicini, così come una lente devia i raggi di luce convogliandoli in un punto focale. Il risultato è che, se una di queste "lenti" (tipicamente una galassia molto massiccia o un ammasso di galassie) è interposto tra noi ed una sorgente di luce lontana (una galassia o un quasar), produce più immagini della stessa.
 

Questi fenomeni, insieme alle previsioni della teoria del Big Bang, fanno ritenere che la materia oscura costituisca all'incirca il 90% della materia complessivamente presente nell'Universo, e pertanto la stragrande maggioranza di quest'ultima sfugga alle nostre osservazioni.
 
Lenti gravitazionali nell'ammasso di galassie Abell 2218. Gli archetti che si vedono nella figura sono le immagini multiple delle sorgenti retrostanti. (HST) 
Altre immagini di lenti gravitazionali. Attorno all'oggetto centrale si possono distinguere immagini multiple (in colore azzurro). (HST)

 

Ma da che cosa è costituita la materia oscura? Dato che di essa possiamo ottenere solo informazioni indirette, la sua natura resta ancora incerta. Potrebbe trattarsi di materia ordinaria, cioè la stessa di cui sono fatte stelle e pianeti, ma non nelle condizioni di emettere radiazione.
Per esempio, potrebbe essere composta di pianeti o di "nane brune", cioè troppo poco massicce per produrre energia con la fusione nucleare. Tuttavia, si pensa che il numero di questi oggetti sia molto più basso di quello necessario per poter spiegare gli effetti osservati della materia oscura.

Un'altra ipotesi, più plausibile, è che si tratti di materia "esotica", cioè diversa dai comuni protoni, neutroni ed elettorni. Per esempio, potrebbe trattarsi di neutrini massivi. Si ritiene infatti che i neutrini siano particelle prive di massa, ma alcuni recenti esperimenti fanno pensare che siano dotati di una massa, anche se piccolissima (1/5000 della massa di un elettrone). Dato che i neutrini sono comunissimi e permeano l'Universo come la radiazione, basterebbero da soli per rendere conto degli effetti osservati della materia oscura.
Un altro tipo di materia oscura possibile è costituita da particelle ancora più "strane" e ancora sconosciute, la cui esistenza è prevista dalla fisica teorica ma non è ancora stata dimostrata. Si tratta delle cosiddette "particelle massive debolmente interagenti": gli assioni, i fotini, i gravitini, gli squark, ....

Di qualunque cosa sia composta, la materia oscura domina l'Universo, ne rappresenta la sorgente principale della forza gravitazionale ed è responsabile in larga parte della sua struttura. Si può dire quindi che non sappiamo ancora di che cosa è fatta la maggior parte del nostro Universo!
 
 
 
 
 

Due simulazioni della distribuzione di materia oscura negli ammassi
di galassie. Negli ultimi anni sono state compiute numerose simulazioni
di questo tipo, per studiare gli effetti gravitazionali della materia
oscura sulla dinamica delle galassie e degli ammassi e sulla formazione
di strutture a larga scala, confrontando la teoria delle simulazioni
con le osservazioni dello spazio profondo.
(Pittsburgh Supercomputing Center - PSC)











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