IL DESTINO FINALE DELL'UNIVERSO
L'Universo della Relatività Generale
Il primo a considerare il problema della struttura globale dell'Universo
fu Einstein, nel 1917. Due anni dopo aver pubblicato la teoria della Relatività
Generale , lo scienziato mise a punto il primo modello matematico di
universo. Come descritto in questa teoria, il tempo e lo spazio non possono
essere dissociati: essi formano un insieme unico a quattro dimensioni,
lo spaziotempo. Secondo la Relatività Generale, lo spaziotempo viene
incurvato dall'azione delle masse: intorno a tutti i corpi materiali lo
spazio si deforma, tanto più quanto maggiore è la loro massa,
e a sua volta la traiettoria di un corpo qualsiasi segue la curvatura dello
spaziotempo. Il cammino più breve tra due punti non è più
la linea retta, ma una curva chiamata "geodetica".
Pensiamo per esempio ad un tessuto elastico disteso in orizzontale,
sul quale venga appoggiato un corpo pesante: il tessuto in quel punto forma
un avvallamento tanto più profondo quanto più pesante è
il corpo; se si fa scorrere una pallina sopra il tessuto, la sua traiettoria
sarà rettilinea lontano dalla buca, e curva nei suoi dintorni.
L'Universo racchiude in sè una massa enorme, quindi dev'essere globalmente incurvato. La curvatura dello spaziotempo dipende dalla densità di materia che contiene. Esiste secondo la Relatività una densità critica (10- 29 g/cm 3 ), alla quale l'Universo si incurverebbe così tanto da richiudersi completamente su se stesso. Da qui nasce la necessità di determinare con precisione la densità della materia nel cosmo, dalla quale, come vedremo più avanti, dipende il suo destino finale.
Einstein costruì un modello di universo statico, omogeneo e isotropo, le cui proprietà sono cioè le stesse in ogni istante, in ogni punto e in ogni direzione dello spazio. Il moto di allontanamento delle galassie era infatti sconosciuto nel 1917. Per ottenere un modello statico, lo scienziato fu costretto ad introdurre nelle sue equazioni un termine "ad hoc", la cosiddetta costante cosmologica.
Nel 1922 A. Friedmann notò che, togliendo dalle equazioni la
costante cosmologica, l'Universo di Einstein può divenire soggetto
ad un moto di espansione, con una curvatura che decresce nel tempo in conseguenza
della "diluizione" della materia al suo interno.
In realtà, quindi, non sono le galassie che si allontanano ma
è lo spazio stesso che si dilata, trascinando con sè tutti
gli oggetti che contiene.
Una bellissima immagine del Telescopio Spaziale Hubble che mostra galassie lontanissime. É forse l'immagine più profonda del cosmo mai ottenuta (HST). |
La teoria del Big Bang descrive l'origine e l'evoluzione dell'Universo
fino ad oggi, ma quale sarà la sua evoluzione futura? Si potrebbe
pensare che l'espansione iniziata col Big Bang continuerà all'infinito.
In realtà, il destino del nostro Universo potrà anche ssere
diverso.
Al suo interno agiscono due forze contrapposte: la spinta dell'espansione,
che fa allontanare le galassie sempre più l'una dall'altra, e la
forza di gravitazione, che tende a tenerle legate e a frenare l'espansione.
Quale sarà la fine dell'Universo verrà deciso da quale delle
due prevarrà.
Come abbiamo visto, esiste una densità critica della materia,
al di sopra della quale l'attrazione gravitazionale può frenare
l'espansione. I cosmologi preferiscono usare un parametro, detto Omega,
per descrivere il tipo di universo in cui viviamo. Omega rappresenta il
rapporto tra la densità di materia totale presente nell'Universo
e la densità critica.
Se Omega è minore di 1, la materia presente è insufficiente
per controbilanciare la spinta di espansione, e l'Universo è destinato
ad espandersi indefinitamente. Questo tipo di universo si dice "aperto".
Se Omega è maggiore di 1, al contrario, l'espansione verrà
prima o poi frenata e poi, lentamente, le galassie cominceranno a riavvicinarsi,
fino a scontrarsi e a fondersi tra loro, in un gigantesco impatto che viene
definito "Big Crunch" (la situazione opposta al Big Bang). Questo è
il caso di universo "chiuso".
Infine, se Omega è esattamente uguale a 1, l'espansione rallenterà
lentamente ma l'attrazione gravitazionale non sarà sufficiente a
far collassare l'Universo su se stesso. É questo il caso di universo
"piatto".
Da queste considerazioni appare chiara l'importanza di determinare la
quantità di materia presente nel cosmo. Come si può fare?
Ci sono fondamentalmente due metodi: il primo consiste nel misurare la
densità media della materia, sommando le masse di tutte le galassie
presenti in un certo volume e dividendo per il volume stesso, naturalmente
tenendo conto della loro distribuzione irregolare. Purtroppo, come abbiamo
visto, la gran parte della massa che ci circonda è costituita da
materia oscura, inaccessibile alle osservazioni. Per questo motivo è
così importante stabilire qual è il suo contributo esatto
alla massa totale dell'Universo.
Il secondo metodo consiste nell'osservare la velocità di allontanamento
di galassie a diverse distanze, cioè di diverse età, e calcolare
di quanto l'Universo ha decelerato la propria espansione negli ultimi miliardi
di anni.