Ruggiero Giuseppe Boscovich nasce il 18 maggio 1711 nella città di Ragusa, sulle coste della Dalmazia.
Ragusa (oggi Dubrovnik) era una piccola repubblica, che riusciva a mantenere la propria indipendenza dalle mire espansionistiche della Repubblica di Venezia attraverso la protezione dell’Impero Ottomano e con una politica di neutralità rispetto ai conflitti ricorrenti nei Balcani e in Europa.
Da secoli i mercanti di Ragusa avevano il monopolio del commercio tra il mondo turco e l’Europa Occidentale, una situazione che aveva portato alla città un notevole benessere economico. Ragusa era sede di una vivace cultura artistica e letteraria, che si rifaceva ai modelli del Rinascimento italiano e che le aveva valso il soprannome di "Atene slava"; la popolazione era di religione cattolica e sostanzialmente bilingue, in quanto la lingua italiana era parlata accanto a quella illirica. Anche la famiglia di Boscovich era bilingue: ad esempio Ruggiero usava l’italiano nelle sue numerose lettere ai fratelli Bartolomeo (Baro) e Natale (Bozo), mentre scriveva in illirico alla sorella Anica.
Seguendo l’esempio di molti suoi parenti e fratelli, Ruggiero è avviato a una formazione religiosa e compie i suoi studi inferiori (grammatica, umanità e retorica) al Collegio Gesuitico di Ragusa, dove si distingue come "giovane di grandi speranze"; per proseguire negli studi superiori, nel 1725 è inviato al Collegio Romano, che era considerato la migliore scuola gesuitica in Europa.
Qui intraprende il lungo percorso di formazione richiesto a un aspirante gesuita: dopo due anni di esercizi spirituali pronuncia i voti di noviziato e prosegue con i corsi di retorica, poesia, dialettica, filosofia naturale e morale, metafisica, logica. È particolarmente attratto dalla matematica, l’astronomia e la fisica e studia con passione le opere di Newton, di cui diventerà uno dei primi sostenitori in Italia. Durante questi studi ai novizi era richiesto di tenere un corso completo di "studi inferiori" (gli stessi studi che Boscovich aveva frequentato come allievo a Ragusa) per la durata di cinque anni; era anche richiesto che preparassero dissertazioni in latino, che venivano presentate in dibattiti pubblici che si tenevano due volte all"anno: è in questo ambito che nacquero i primi lavori scientifici di Boscovich. Terminati questi studi, nel 1737 Boscovich inizia l'ultima fase della sua preparazione, il corso di teologia, che terminerà nel 1744, pronunciando i voti definitivi e divenendo quindi sacerdote gesuita a tutti gli effetti.
Nel periodo tra il 1725 e il 1744 Boscovich scrive una ventina di lavori scientifici su vari temi di meccanica, matematica, astronomia e geodesia; prepara anche una prima versione del De Solis ac Lunae Defectibus, un lungo poema in esametri latini che tratta della teoria delle eclissi solari e lunari, un genere di poesia scientifico didascalica che si rifaceva agli esempi di Lucrezio e Virgilio e che era molto apprezzato nel Settecento.
La sua reputazione scientifica e la facilità con cui compone versi lo introducono negli ambienti della Curia Romana, nella cerchia di papa Benedetto XIV e soprattutto del suo Segretario di Stato, il Cardinale Valenti Gonzaga.
Nel 1741, alla morte del suo professore di matematica Orazio Borgondio, gli succede nella cattedra al Collegio Romano: una nomina piuttosto eccezionale per un novizio che non aveva ancora completato il corso di teologia.
Nel 1743 è nominato membro di una commissione di esperti che doveva verificare la stabilità della cupola della cattedrale di San Pietro, che mostrava vistose crepe e di cui si temeva il crollo: Boscovich valutò che il monumento non corresse pericoli, ma propose di rinforzarlo con anelli di ferro, soluzione che fu accettata e messa in pratica.
Boscovich detiene la cattedra di matematica al Collegio Romano fino al 1758: sono gli anni della sua maturità scientifica, in cui scrive la maggior parte dei suoi lavori più importanti. A lato della scienza e dell’insegnamento, con la relativa produzione di dissertazioni e di libri di testo, continua a coltivare la poesia, che è anche un mezzo per frequentare gli ambienti aristocratici in cui ha modo di stringere rapporti con i maggiori personaggi scientifici dell’epoca: così nel 1744 entra a far parte dell’Accademia degli Arcadi, con il nome di Numenius Anigreus. In questo periodo scrive anche le note esplicative ai Philosophiae recentrioris versibus traditae libri X, un monumentale poema didascalico sulla filosofia newtoniana scritto dal suo connazionale Benedetto Stay: in realtà le note di Boscovich sono così estese da costituire una serie di trattati su diverse questioni di meccanica, fisica e metafisica.
Boscovich però non è solamente un teorico e si dedica anche a osservazioni astronomiche: del transito di Mercurio sul Sole, nel 1736; di eclissi, nel 1748. Nell’estate del 1745 partecipa agli scavi archeologici a Villa Tuscolana, sulle colline di Frascati, dove i lavori per la costruzione di un nuovo palazzo avevano riportato alla luce i resti di una villa romana: Boscovich ne studia i mosaici, e soprattutto i resti di un orologio solare, che egli identifica con uno strumento descritto nel trattato di architettura di Vitruvio e di cui ricostruisce il funzionamento. Ma soprattutto egli è impegnato, assieme al collega Christopher Maire, in una campagna di rilevamento per la misurazione dell’arco di meridiano tra Roma e Rimini, su una lunghezza di circa 250 km; per due anni (dal 1750 al 1752) i due professori gesuiti percorrono le campagne e le città dello Stato Pontificio per eseguire una serie di triangolazioni geodetiche, adattandosi a un ambiente e a un modo di vita molto diversi da quelli delle universit&agra a cui erano abituati, dormendo in pagliai, affrontando i disagi del clima, guadando torrenti, scalando montagne o arrampicandosi sui tetti dei campanili, tra l'ostilità dei contadini che consideravano tali attività come sacrileghe o stregonesche.
Il risultato dell’impresa fu pubblicato nel 1755 nel trattato De litteraria expeditione, che comprendeva anche una nuova mappa dello Stato Pontificio, con le posizioni delle città corrette secondo le nuove misurazioni.
La campagna però aveva rilevanza anche per lo studio della forma della Terra (argomento di cui Boscovich si era già occupato da un punto di vista teorico) e in particolare per la verifica dell’esistenza dello schiacciamento polare, dovuto alla rotazione della Terra attorno al proprio asse, che era stato previsto da Newton.
Se questo era vero, la lunghezza di un grado di meridiano doveva risultare più corta nelle regioni equatoriali rispetto a quelle polari; per verificare questo effetto, si stavano organizzando spedizioni geodetiche in varie parti del mondo da parte di diverse accademie scientifiche, e la campagna di Boscovich e Maire rientrava pienamente in questo tipo di studi. Nel 1756 Boscovich fu nominato perito di parte per conto della Repubblica di Lucca per dirimere una controversia che era sorta con il confinante Granducato di Toscana riguardo alle inondazioni periodiche prodotte dal fiume Serchio. Boscovich si recò dapprima a Lucca, per un’indagine sul territorio, e quindi a Vienna (sotto il cui dominio era allora la Toscana) per trattare una soluzione: grazie a questa opera di mediazione la situazione fu risolta con soddisfazione di entrambe le parti.
A Vienna Boscovich portò a termine e diede alla stampa quella che è considerata la sua opera scientifica più importante, la Philosophiae naturalis theoria (1758), un trattato di fisica in cui egli, ponendosi idealmente nella linea di ricerca tracciata da Newton, cerca di ricondurre a un’unica formulazione teorica tutte le forze naturali allora note (forze chimiche, elettriche e gravitazionali).
La missione diplomatica a Vienna fu l’inizio di un lungo viaggio che, tra il 1759 e il 1763, portò Boscovich attraverso gran parte dell’Europa: Francia, Inghilterra, Belgio, Olanda, Lorena, Germania, Venezia, Costantinopoli, Turchia, Bulgaria, Moldavia, Polonia, per tornare poi ancora a Vienna. I motivi di questo viaggio non sono del tutto chiari.
Sicuramente esso diede modo a Boscovich di entrare in contatto con personaggi scientifici di primo piano, soprattutto a Parigi e a Londra (dove egli venne eletto membro della Royal Society), e di svolgere osservazioni astronomiche (come quella del transito di Venere, osservato da Venezia). Tuttavia è probabile che lo scopo principale del viaggio fosse di altra natura, perchè Boscovich ebbe intensi rapporti con gli ambienti diplomatici, politici ed ecclesiastici delle città in cui si tratteneva (a volte per parecchi mesi), il che fa pensare che egli avesse ricevuto un incarico preciso da parte della Compagnia di Gesù o dalla Curia Romana.
Il periodo in cui il viaggio si svolse era critico sia per l’Europa, che era sconvolta dalla Guerra dei Sette Anni, sia per la Compagnia stessa, contro cui stava crescendo una forte opposizione all’interno dei paesi cattolici: questa opposizione si era concretizzata nell’espulsione dei Gesuiti dal Portogallo (1759) e dalla Francia (176264), e porterà poi nel 1773 alla soppressione dell’Ordine. Nulla sappiamo dei contenuti di questi colloqui; di questo periodo rimane però un Essai politique sur la Pologne, un’opera che fa un’analisi dettagliata della situazione politica della Polonia e che propone una linea di condotta diplomatica per mantenerne l’indipendenza tra le mire espansionistiche contrapposte di Russia e Prussia; la relazione fu stampata in pochissime copie e probabilmente costituisce un rapporto riservato destinato alla corte reale francese.
Boscovich tenne anche un diario del suo viaggio, che fu pubblicato dapprima in francese con il titolo di Journal d’un voyage de Constantinople en Pologne (1772) e successivamente tradotto in varie lingue, e che rappresenta un’interessante descrizione delle popolazioni e delle aree geografiche attraversate.
Nel 1763 Boscovich tornò a Roma. Nel primo periodo della sua assenza era stato sostituito nel corso di matematica da suo fratello Baro, ma nel 1760 la sua cattedra al Collegio Romano era stata assegnata a Giuseppe Maria Asclepi; Boscovich si trovava quindi senza lavoro.
Per qualche mese è impegnato nello studio di un progetto per la bonifica delle paludi Pontine, un’attività di consulenza che gli è richiesta per la sua fama di esperto in lavori idraulici (nel corso della sua vita sarà spesso interpellato riguardo a costruzioni di porti, contenimento di corsi d’acqua, progetti di canali), ma nel 1764 è chiamato a coprire la cattedra di matematica dell’Università di Pavia.
In teoria si trattava di un incarico prestigioso: l’Università di Pavia era una delle più antiche università italiane, e in quegli anni era al centro di un ampio progetto di rinnovamento da parte del governo austriaco. In pratica però la realtà è molto meno rosea delle aspettative: nel campo della matematica e della fisica l’università era in uno stato di arretratezza, priva delle strutture necessarie (laboratori, biblioteche), e anche la didattica lasciava molto a desiderare: Boscovich si lamenta di non potersi concentrare sui corsi di livello avanzato perchè, per mancanza di personale, è obbligato a tenere anche i corsi propedeutici.
La sua prolusione inaugurale, in cui egli delinea progetti di ricerca ambiziosi (soprattutto nel campo dell’ottica) è accolta con scetticismo.
Abituato a muoversi nei più importanti ambienti scientifici europei, Boscovich si rende conto di essere finito in un posto arretrato e provinciale.
In questo periodo dunque Boscovich vive a Pavia, ma durante le vacanze accademiche si reca spesso al Collegio di Santa Maria di Brera a Milano; viene così a conoscenza delle osservazioni astronomiche compiute dai padri Giuseppe Bovio e Domenico Gerra, e del progetto di realizzare un osservatorio astronomico.
Per questo scopo nel 1762 il rettore di Brera aveva già fatto venire da Marsiglia un padre esperto in astronomia, Louis Lagrange (nessuna parentela con il famoso matematico Joseph Louis Lagrange).
Per la sua fama nel campo dell’astronomia e dell’ingegneria civile, Boscovich viene incaricato della costruzione della nuova specola: egli progettò una nuova torretta osservativa da costruirsi sopra i tetti del Collegio, in corrispondenza della facciata meridionale dell’edificio.
La nuova specola, terminata nel 1765, fu subito apprezzata dagli esperti: il famoso astronomo francese Lalande la segnalò come un esempio di come dovrebbe essere costruito un osservatorio astronomico moderno.
Le spese per la costruzione e per l’acquisto degli strumenti furono sostenute dal Collegio, con contributi importanti da parte di singoli gesuiti: Boscovich stesso vi partecipò con una notevole somma.
Nello stesso periodo fu richiesta a Boscovich una perizia sulla stabilità della cupola e della guglia principale del Duomo di Milano, che era allora in costruzione.
Nel frattempo la salute di Boscovich stava peggiorando: da anni egli soffriva di un disturbo a una gamba, che era iniziato con una infezione contratta nel 1762 a Costantinopoli, che si era cronicizzata in un ascesso e che era stata aggravata da successivi traumi (tra cui la caduta in un pozzo, mentre si trovava in Polonia).
Nel 1769 la situazione era peggiorata, fino al punto che Boscovich era costretto al letto, dal quale tuttavia continuava a tenere il suo corso di matematica. Egli chiese quindi un congedo dall’Università e si recò a Parigi per sottoporsi alle cure del famoso medico Morand, il cui intervento però non riuscì a migliorare la situazione; Boscovich ebbe invece un sollievo insperato dalle cure di un "rozzo barbiere" di Bruxelles.
Nel corso del tempo i rapporti tra Boscovich e gli astronomi di Brera si erano progressivamente deteriorati, per motivi che oggi ci è difficile valutare: forse si trattava di invidie da parte dei colleghi di Brera verso un personaggio famoso, forse Boscovich pensava che le proprie competenze non fossero sufficientemente valorizzate ed era irritato dalle limitazioni che incontrava nel suo lavoro.
Questi dissapori si esacerbarono nel 1769, quando la cattedra di matematica di Boscovich fu trasferita da Pavia alle Scuole Palatine di Milano, e Boscovich si trovò a più stretto contatto con il Collegio di Brera. È probabile che l’eco di questi attriti (o forse anche accuse dirette contro Boscovich) siano giunte alle orecchie del principe Kaunitz, ministro degli esteri del governo austriaco, che scrisse agli astronomi di Brera una lettera in cui lamentava che l’attività dell’Osservatorio era insoddisfacente.
A questa critica Boscovich rispose nel febbraio 1772 con un lungo rapporto, in cui non solo riferiva della ricerca compiuta fino ad allora da lui e dai suoi colleghi, ma tracciava un ambizioso programma di sviluppo per le attività future; questo documento è un’importante fonte di informazioni sullo stato dell’Osservatorio di Brera nel periodo iniziale della sua attività. Probabilmente Boscovich si aspettava un riconoscimento del proprio ruolo all’interno dell’Osservatorio e forse la nomina a direttore (fino ad allora egli era solo un consulente esterno).
L’esito invece fu opposto: nell’agosto del 1772, mentre Boscovich era in ferie, giunse una disposizione con cui egli era rimosso da qualsiasi incarico all’Osservatorio, pur mantenendo il proprio posto di insegnante di astronomia.
Boscovich fu profondamente ferito e umiliato da questa decisione e rispose con una lettera risentita, in cui si rifiutava di tornare a Milano fino a quando non avesse avuto completa soddisfazione: si ritirò a Venezia, e nel febbraio 1773 diede le dimissioni dal proprio incarico di insegnamento.
Mentre era ancora a Venezia, indeciso sul da farsi, Boscovich fu colpito da un’altra sciagura, di portata ben maggiore: nel giugno 1773, cedendo alle ripetute pressioni di diversi governi europei, papa Clemente XIV soppresse la Compagnia di Gesù.
Boscovich era ora senza lavoro e privo del sostegno della Compagnia, e fu a lungo indeciso sul da farsi. Le proposte di lavoro che aveva ricevuto da varie istituzioni non lo soddisfacevano pienamente; considerò anche la possibilità di tornare alla nativa Ragusa, essenzialmente ritirandosi a vita privata.
Alla fine accettò le offerte di ospitalità e protezione che gli venivano fatte da diversi suoi conoscenti e amici francesi: quindi nell’ottobre 1773 Boscovich giunse a Parigi, dove fu nominato direttore delle Ottiche Navali della Marina francese, con il compito di sviluppare strumenti acromatici per uso navale, e con uno stipendio particolarmente generoso; da anni infatti egli si dedicava a ricerche nel campo dell’ottica, sia da un punto di vista teorico che sperimentale.
Boscovich divenne cittadino francese e rimase in Francia per nove anni, godendo del favore dei più alti esponenti della corte reale. Invece i suoi rapporti con l’Académie des Sciences, di cui era membro corrispondente dal 1748, non furono particolarmente cordiali: soprattutto egli era osteggiato da d’Alembert e Laplace, forse anche per l’opposizione ideologica di questi due esponenti del razionalismo illuminista verso un ex gesuita.
A Parigi inizia anche a lavorare all’ambizioso progetto di pubblicare in un’unica grande raccolta tutta la sua produzione scientifica degli ultimi anni nei campi dell’ottica e dell’astronomia; tuttavia non riesce a trovare in Francia un editore disponibile a pubblicare l’opera.
Nel 1782 Boscovich chiede un congedo di due anni dal suo incarico nella Marina francese e il permesso di recarsi in Italia. Il viaggio è motivato dalle sue condizioni di salute che stavano peggiorando, e per cui il clima di Parigi era particolarmente nocivo; egli tuttavia aveva anche il secondo fine di trovare in Italia un editore per la sua ultima grande opera.
In effetti, dopo due anni di intenso lavoro alla correzione delle bozze, i cinque volumi delle Opera pertinentia opticam et astronomiam vengono pubblicati dall’editore Remondini di Bassano (1785).
Boscovich ormai è allo stremo e non se la sente di tornare in Francia: si ritira invece a Milano dove, per interessamento del principe Kaunitz, gli viene assegnato un appartamento nel Palazzo di Brera.
La sua salute peggiora rapidamente: al disturbo alla gamba si aggiungono disturbi mentali, probabilmente una forma di arteriosclerosi senile.
Muore il 13 febbraio 1787 ed è sepolto a Milano nella chiesa di Santa Maria Podone; tuttavia, a causa di successivi lavori nella chiesa, la collocazione della sua tomba non è conosciuta.