La curiosità del mese
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Tutto il cielo?
La curiosità del mese di aprile 2014 a cura di Tomaso Belloni
Per gli antichi il cielo era immutabile: c’erano le stelle fisse, per loro natura fisse, e c’erano i pianeti che viaggiavano nel cielo, ovviamente intorno all terra,
centro dell’Universo.
Oggetti come le comete erano considerati da Aristotele fenomeni atmosferici, dato che le comete si spostavano nel cielo, ma non seguivano l’eclittica, il piano dei pianeti.
L’osservazione di (rare) supernove metteva in difficoltà questa idea.
Sappiamo ora che la terra non è al centro dell’Universo, che le stelle non sono fisse, ma anche che il cielo è tutt’altro che immutabile.
Sono tantissimi gli oggetti che variano: non solo gli asteroidi e le comete che si
spostano nel sistema solare, ma stelle variabili di tutti i tipi, stelle doppie,
novae, supernovae, nuclei galattici, lampi gamma.
È più difficile trovare oggetti che non varino per niente.
Questo pone un problema: come faccio a trovare gli oggetti che variano?
L’esempio più straordinario sono i lampi gamma, che possono durare anche molto meno di un
secondo.
La soluzione è avere telescopi a grande campo, l’equivalente del cercare le
meteore a occhio nudo.
Con un telescopio, ma anche con un binocolo, la porzione di cielo visibile (il campo di vista) è molto piccolo, quindi la probabilità che qualcosa vi succeda è ridotta.
Sappiamo (vedi la curiosità di febbraio 2014) che nel caso dei
lampi gamma il problema è stato risolto con rivelatori gamma a grande campo.
Nel caso dell’astronomia in raggi X sono stati messi in orbita strumenti che fanno una
passata per tutto il cielo ogni ora e mezza.
Questi permettono di vedere se qualcosa cambia, anche se i fenomeni molto veloci come i lampi gamma o quelli troppo deboli per essere visti senza osservare a lungo vengono ovviamente persi.
Di un radiotelescopio a grandissimo campo, LOFAR, abbiamo parlato in una curio precedente (vedi la curiosità di giugno 2011).
Ma la cara vecchia astronomia ottica?
Nell’ottico abbiamo la possibilità di costruire telescopi molto sensibili e
programmi per l’osservazione di campi molto grandi vengono portati avanti.
Ad esempio c’è la Catalina Real-Time Transient Survey (CTRS).
Il progetto copre 33000 gradi quadrati, cioè l’ottanta per cento del cielo e si basa su tre telescopi (due in Arizona e uno in Australia) che rendono pubblici i fenomeni transienti che
osservano entro pochi minuti dall’osservazione.
Informazioni si possono trovare su
http://crts.caltech.edu ed esiste persino un’applicazione per iPad per esaminare i dati.
Ma la vera rivoluzione avverrà quando entrerà in funzione il Large Synoptic Survey Telescope (LSST), che osserverà 20mila gradi quadrati di cielo dell’emisfero sud con un telescopio con uno specchio di 8.4 metri di diametro e con un campo di vista di
più di tre gradi (un tipico telescopio di quella dimensione ha un campo di vista
molto molto inferiore a un grado)!
Ogni zona del campo verrà osservata circa una volta ogni tre giorni. La sua entrata in funzione è prevista per il 2022, quindi ci vorrà ancora un po’ di tempo.
Produrrà 30 Terabyte di dati ogni notte (ovviamente un telescopio ottico a terra può osservare solo di notte, a differenza dei satelliti artificiali).
Il telescopio verrà posizionato nel nord del Cile e produrrè così tanti dati che non soltanto è necessario pianificare molto accuratamente l’analisi automatica, ma renderà disponibili così tanti oggetti variabili e transienti che
sarà impossibile analizzarli tutti in tempo reale.
Ovvero: una volta che l’analisi automatica ha identificato un fenomeno transiente e ne ha estratto i dettagli, ci
vuole un astronomo che cerchi di capire di cosa si tratti. Con così tanti dati sarà necessario fare una selezione.
Insomma, passeremo dal non avere abbastanza dati all’averne troppi, che comunque è
sempre molto meglio, dato che i dati rimangono e possono essere analizzati anche in un secondo tempo.