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Fortunatamente per noi, i raggi gamma non arrivano a terra; l’atmosfera ci offre infatti un prezioso riparo da fotoni molto energetici (Raggi UV, raggi X, raggi gamma) che nocerebbero gravemente alla nostra salute. Unico risvolto negativo – negativo solo per gli astronomi, del resto - di questa preziosa protezione è che da Terra non è possibile osservare i corpi celesti che emettono raggi X o gamma. La sola possibilità che abbiamo per studiare tali sorgenti è quella di mettere in orbita attorno alla Terra dei satelliti in grado di registrarne la presenza.

Schema dell’assorbimento atmosferico nelle differenti bande dello spettro elettromagnetico e dei relativi telescopi utilizzati

Schema dell’assorbimento atmosferico nelle differenti bande dello spettro elettromagnetico e dei relativi telescopi utilizzati

Lo studio dei lampi a raggi gamma è senz’altro uno dei principali obiettivi dell’astrofisica delle alte energia. Si tratta di esplosioni, scoperte casualmente quarant’anni fa, che si rileviamo in media una volta al giorno, senza del resto poter prevedere in quale zona del cielo; poiché non sappiamo in che da quale punto della volta celeste proverrà il prossimo lampo gamma è necessario che i satelliti in orbita siano in grado di tenerne d’occhio una vasta regione

Swift (un satellite della NASA con partecipazione italiana e inglese, a cui l’OAB ha dato un contributo fondamentale) in orbita dal 2004, può monitorare con precisione circa un quarto di cielo, una porzione non piccola della volta celeste. Una volta avvistato un GRB, Swift è in grado di inviare immediatamente le sue coordinate celesti ad altri satelliti in modo da poter ripuntare altri strumenti in direzione dello scoppio. Lo studio dell’origine e della provenienza di questi fenomeni richiede infatti l’osservazione anche in altre bande dello spettro elettromagnetico.

Già pochi secondi dopo l’avvistamento inizia la corsa nello spazio e a terra; i telescopi X a bordi dei satelliti si riallineano per riuscire ad osservare l’afterglow (la coda di emissione) dal suo inizio mentre a terra si puntano in ordine di tempo i telescopi ottici, a infrarossi e radio; lo scopo è studiare la luminosità del lampo in funzione del tempo nelle diverse bande elettromagnetiche per ricavare informazioni su come l’esplosione si propaga nel mezzo interstellare.

Non solo, nella banda elettromagnetica del visibile (banda ottica) è possibile, grazie ai telescopi a terra, ottenere degli spettri elettromagnetici allo scopo di misurare la distanza delle esplosioni e di ricevere informazione su eventuali assorbimenti che si verificano tra noi e la sorgente. Purtroppo solo la metà dei GRB è osservabile in ottico. Esistono diverse ipotesi per spiegare questo fenomeno; la prima è che la radiazione ottica venga assorbita dal materiale frapposto tra noi e la sorgente, in particolare dalle nubi di idrogeno neutro. L’idrogeno è infatti il principale costituente dell’intero universo e, sebbene per la maggior parte si trovi allo stato ionizzato, la frazione di idrogeno in forma neutra può essere sufficiente a oscurare l’emissione ottica generata dall’esplosione.

Immagine raccolta dal satellite Beppo-Sax del GRB 970228 a otto ore (a sinistra) e a tre giorni (a destra) dal lampo.

Immagine raccolta dal satellite Beppo-Sax del GRB 970228 a otto ore (a sinistra) e a tre giorni (a destra) dal lampo.

La seconda ipotesi coinvolge un altro tipo di assorbimento, quello causato dalle polveri presenti nella nostra galassia e nella galassia ospite del GRB; se però da un lato con i moderni strumenti siamo in grado di monitorare le polveri presenti nella nostra galassia e quindi correggerne l’assorbimento non siamo tuttavia in grado di operare in tal modo sulle polveri appartenenti alla galassia ospite.

La terza ipotesi che deve essere contemplata è che alcuni lampi gamma emettano intrinsecamente poco nella banda ottica. A tutt’oggi non sappiamo quale sia l’ipotesi dominante; con ogni probabilità valgono di volta in volta differenti spiegazione del fenomeno.


Testo a cura di Ilaria Arosio e Stefano Sandrelli


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