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Nuovi indizi sulla natura dei GRB corti

Il satellite spaziale Swift, frutto di una collaborazione USA-UK-Italia, in cui l’OAB ha avuto un ruolo fondamentale, ha fornito nuove e preziose informazioni sulla natura dei misteriosi lampi di raggi gamma (GRB) definiti corti.
Si tratta di una classe di GRB la cui particolarità è di avere un’emissione in raggi gamma di durata particolarmente breve, inferiore ai due secondi. I GRB con durata superiore vengono invece classificati come lunghi.
Oggi sappiamo che l’intera esplosione dei GRB non si esaurisce nell’emissione dei raggi gamma ma, nell’arco di un mese, è possibile osservarla in altre bande dello spettro elettromagnetico: nei raggi X, nell’ottico, nell’infrarosso e infine nel radio. Questa coda di emissione prende il nome di afterglow.
Pertanto, per poter studiare queste esplosioni che si verificano in zone imprecisate del cielo circa una volta al giorno è necessario osservarle con diversi tipi di strumenti, sensibili a diversi tipi di radiazione elettromagnetica.
Scoperti insieme a quelli lunghi negli anni sessanta, i lampi gamma corti hanno rappresentato per più di trent’anni uno dei più grandi misteri dell’astrofisica poiché la loro brevissima durata ne rende difficile la localizzazione e lo studio.
L’impareggiabile velocità di reazione (determinata dall’utilizzo di una tecnologia segreta presa in prestito dall’industria militare US) rende il satellite Swift uno strumento importantissimo per lo studio di queste misteriose esplosioni: una volta avvistato il lampo tramite il rilevatore di raggi gamma (BAT), Swift è in grado di inviare immediatamente le sue coordinate celesti ad altri satelliti e ai telescopi a terra in modo da poter ripuntare altri strumenti in direzione dello scoppio.

Immagine del GRB corto 050724 localizzato dal satellite Swift (cerchio rosso) e dal satellite Chandra (cerchio verde)

Immagine del GRB corto 050724
localizzato dal satellite Swift
(cerchio rosso) e dal satellite
Chandra (cerchio verde)

Utilizzando i dati raccolti da Swift i ricercatori dell’INAF- Osservatorio Astronomico di Brera Tagliaferri, Campana, Chincarini assieme ai colleghi di Roma e Palermo hanno potuto misurare per la prima volta, alla fine del 2004, la distanza di un GRB corto; da allora il numero di oggetti simili con distanza nota è salito fino a cinque. Sebbene il campione sia ancora esiguo, i primi risultati identificano le sorgenti dei GRB corti con oggetti celesti extragalattici relativamente vicini se confrontati con i più lontani lampi gamma lunghi; infatti se per i primi il redshift medio è di z = 0.1, per i secondi il valore medio è di z = 2.
Il modello oggi più accreditato per spiegare la formazione di un GRB corto coinvolge la fusione tra due oggetti compatti quali ad esempio le stelle di neutroni.
Si tratta di sistemi binari piuttosto comuni in cui le due stelle, legate dalla mutua attrazione gravitazionale, ruotano attorno ad un baricentro comune; l’evoluzione di tali sistemi è catastrofica: perdendo energia gli oggetti compatti cadono l’uno sull’altro dando luogo alla formazione di un buco nero centrale e un disco di accrescimento formato dal materiale residuo.
“Poiché i tempi scala per la formazione di sistemi simili sono di miliardi di anni ci si aspettava che le sorgenti di GRB corti appartenessero a galassie ellittiche, ossia a galassie le cui componenti stellari hanno già raggiunto un’avanzata fase evolutiva” afferma Ghirlanda “ In realtà i primi dati provenienti da Swift non confermano questa ipotesi. Alcuni GRB corti sono stati inaspettatamente osservati anche in galassie irregolari, sede di intensa attività di formazione stellare, e caratterizzate da una componente stellare molto giovane”.
Ciononostante il campione di GRB corti di distanza nota è ancora troppo piccolo per avanzare teorie sulla loro distribuzione. Per comprendere in che cosa differiscano GRB corti e lunghi i ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Brera ne hanno studiato le curve di luce (l’andamento della luminosità nel tempo) utilizzando dati provenienti diversi satelliti.
Swift per la prima volta ha osservato l’afterglow dei GRB corti e ha permesso di verificare che la loro emissione nei raggi X ed in banda ottica non presenta significative differenze (se non nella durata) rispetto a quanto si verifica per i GRB lunghi.

Confronto tra l’andamento delle curve di luce nel tempo di un GRB corto (sopra) e un GRB lungo (sotto)

Confronto tra l’andamento delle
curve di luce nel tempo di un GRB
corto (sopra) e un GRB lungo (sotto)

Ciò che differenzia principalmente le due classi di oggetti sono le proprietà dell’emissione nella banda dei raggi gamma. “In prima analisi è stato confermato che i GRB corti emettano fotoni mediamente più energetici dei GRB lunghi” prosegue Ghirlanda “l’analisi dettagliata degli spettri del satellite Compton Gamma Ray Observatory della Nasa ha però permesso di comprendere la questione più in dettaglio. Nella parte più energetica dello spettro infatti le due classi di lampi gamma sono molto simili; solo ad energie inferiori vi sono differenze significative: nello spettro dei GRB corti il numero di fotoni con energia inferiore dei 250 keV diminuisce drasticamente”.
Inoltre il confronto tra i primi 2 secondi di emissione dei GRB lunghi e l’intera emissione di quelli corti non evidenzia significative differenze suggerendo che la fisica alla base dello scoppio sia del tutto simile. Ciononostante la differente durata del fenomeno implica che il processo non sia identico.
L’ipotesi è che entrambi i progenitori (che si tratti del collasso di singole stelle massive per i GRB lunghi o del collasso di sistemi binari di stelle di neutroni per i GRB corti) coinvolgano la formazione finale di un buco nero. Il materiale residuo che non è entrato a far parte del buco nero si dispone su un disco (disco di accrescimento) e spiraleggia attorno all’oggetto compatto cadendovi in tempi relativamente lunghi ed emettendo fotoni ad alta energia.
Il fatto che i lampi corti abbiano una durata inferiore potrebbe essere giustificata da una minore quantità di materia presente sul disco di accrescimento: in meno di due secondi quanto è rimasto della stella di neutroni cade sul buco nero esaurendo così carburante necessario per l’emissione di raggi gamma.
I dati raccolti dai satelliti, sebbene abbiano permesso di aumentare la conoscenza di queste misteriose esplosioni, hanno lanciato nuove importanti sfide ed è anche grazie allo studio delle differenze e delle similitudini tra le due classi di oggetti che i ricercatori possono modelli teorici sempre più aderenti al reale.

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GRB-NASA:
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