La classica immagine dell’astronomo professionista con l’occhio
appoggiato all’oculare di un telescopio è ormai obsoleta da diverso
tempo.
I telescopi moderni sono collegati ai computer, che ricevono i
dati e li immagazzinano per l’analisi.
L’astronomo moderno siede di
fronte a un computer per guardare i risultati delle sue osservazioni.
Anzi, dato che i grandi telescopi sono oggetti enormi e delicati,
l’astronomo siede in un’altra stanza.
A volte, la stanza è in un altro
continente e l’osservazione viene eseguita "in remoto".
Però esistono anche telescopi posizionati su satelliti artificiali in
orbita intorno alla terra.
Come si osserva con questi strumenti?
Chiaramente l’osservazione non può che avvenire in remoto, data
l’inaccessibilità del telescopio.
La procedura è questa.
Avuta l’idea di una interessante osservazione da fare con un
telescopio spaziale, bisogna convincere l’agenzia spaziale che lo
opera che l’idea è veramente interessante, dato che il tempo di
osservazione è limitato e molto costoso.
Si scrive quindi una
motivazione per l’osservazione e la si manda all’agenzia.
Questa riunisce periodicamente un comitato internazionale per decidere quali
proposte scegliere, di solito molte meno di quelle che ha ricevuto.
La nostra proposta deve competere con tutte le altre e uscirne
vincitrice. Se capita che io stesso faccia parte del comitato,
naturalmente non avrò parola quando la mia proposa verrà discussa, per
evitare un conflitto di interessi.
Una volta che la proposta è accettata, entra nel programma di
osservazione.
È importante decidere bene quali strumenti debbano
essere usati e in che modalità, per ottimizzare il ritorno di dati.
In qualche momento l’osservazione sarà fatta, un momento scelto
dall’agenzia a meno che non abbia specificato io quando farla.
A volte, non lo so nemmeno io fino a poche ore prima: quando la
situazione è matura (la mia sorgente astronomica diventa più
brillante, o meno brillante, o ha avuto luogo un altro cambiamento)
scrivo all’agenzia e chiedo di osservare.
A seconda del satellite, l’osservazione può tardare di ore o giorni.
Esistono però casi in cui un ritardo di ore non è sufficiente e
l’osservazione deve essere fatta il più presto possibile, entro minuti
o addirittura secondi.
È questo ad esempio il caso dei lampi gamma,
che durano pochissimo.
Però solo il tempo di ricevere l’informazione
che è successo qualcosa (di solito da un altro satellite), decidere di
osservare, chiamare l’agenzia, convincerli a puntare il telescopio,
più i tempi tecnici per il puntamento (un satellite non si manovra
con un joystick come nei videogiochi, ogni movimento va pianificato
attentamente) e siamo già in pesante ritardo.
Il satellite Swift della NASA ovvia a questo problema: fa tutto lui.
Riceve le informazioni da altri satelliti (o da un altro suo strumento), decide se ne vale la
pena ed è fattibile sulla base di un algoritmo complesso, si gira e
osserva. Tutto senza intervento umano.
E poi?
Poi i dati vengono elaborati a bordo del satellite e trasmessi a terra
quando possibile.
Noi osservatori li riceveremo, via internet, dopo
un’elaborazione successiva a terra, che può prendere ore o giorni.
Una volta sul nostro computer, tocca a noi.
Nel caso di Swift, tutto questo è naturalmente molto più veloce, ma il concetto è lo stesso.
Tutta la procedura si può riassumere in: scrivo in modo convincente
cosa voglio fare e se va tutto bene i dati arrivano sul mio computer
pronti per l’analisi.
Non vado da nessuna parte (posso rimanere a casa), non sto alzato la notte (ma con Swift le cose sono veloci e se
succedono di notte...) e non mi curo delle previsioni meteorologiche
(di quelle terrestri, ma di quelle solari sì: una tempesta solare
disturba le osservazioni e il satellite).
Certo, non c’è il fascino
del cielo stellato, ma quello rimane disponibile tutte le notti serene.