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La curiosità del mese

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Eruzioni Galattiche

La curiosità del mese di febbraio 2020 a cura di Tomaso Belloni


Fig. 1 - Immagine pittorica del buco nero all'interno della galassia GSN 069 mentre accresce materia. Crediti INAF
Fig. 1 - Immagine pittorica del buco nero all’interno della galassia GSN 069 mentre accresce materia. Crediti INAF.

I Nuclei Galattici Attivi (AGN l’acronimo inglese) hanno al loro centro un buco nero supermassiccio e la loro attività proviene dall’accrescimento di materia sul buco nero.
Il processo è assolutamente analogo a quello in funzione nei sistemi binari in cui una delle componenti è un buco nero.
Alcuni di questi AGN hanno una forte luminosità in raggi X e sono molto variabili.
Recentemente è stato osservato un nuovo fenomeno proveniente dal nucleo della galassia GSN 069.
Si tratta di una galassia che fino a una decina d’anni fa non aveva nulla di speciale che attraesse l’attenzione degli astronomi e non era mai stata rivelata in raggi X.
Non tutti i nuclei galattici sono attivi e un buco nero se non riceve materia da accrescere non provoca l’emissione di radiazione.
Il buco nero al suo centro ha una massa stimata di quattrocentomila masse solari, bassa per un nucleo galattico attivo.
Nel 2010 il satellite dell’ESA XMM-Newton stava riorientandosi per iniziare una nuova osservazione e ha rivelato una forte emissione X dalla posizione della galassia, almeno 240 volte più intensa di quella che aveva prima, considerando che non si era osservata.

Fig. 2 - I due autori italiani dello studio, Margherita Giustini e Giovanni Miniutti. Crediti: Marco Malaspina / Media Inaf
Fig. 2 - I due autori italiani dello studio, Margherita Giustini e Giovanni Miniutti. Crediti: Marco Malaspina / Media Inaf.

Una variazione di questo tipo indica o un AGN che "mangia" ad intermittenza, o un caso di quelli che si chiamano Tidal Destruction Events (TDE), ovvero una stella che passa troppo vicino al buco nero e ne viene smembrata e "mangiata".
Una nuova osservazione nel dicembre del 2018, sempre con XMM-Newton, ha mostrato un’emissione X debole, ma con due grossi picchi a distanza di circa nove ore uno dall’altro.
Incuriositi, l’astronomo Giovanni Miniutti del Centro de Astrobiología di Madrid, e i sui colleghi hanno subito osservato l’oggetto di nuovo e più a lungo: cinque eventi simili, tutti a distanza di circa nove ore uno dall’altro, erano evidenti nei dati!
Un’ulteriore osservazione circa un mese dopo ottenuta con il satellite della NASA Chandra ha rivelato altri tre picchi.
Osservazioni simultanee con un radiotelescopio hanno mostrato l’assenza di attività nella banda radio.
Una ricerca dei dati di archivio ha mostrato che quattro anni prima della scoperta di questi picchi, un’osservazione XMM-Newton aveva puntato quella regione senza vedere niente del genere.

Fig. 3 - La curva di luce della sorgente dove sono ben visibili i picchi distanziati da circa nove ore ciascuno. Crediti G. Miniutti
Fig. 3 - La curva di luce della sorgente dove sono ben visibili i picchi distanziati da circa nove ore ciascuno. Crediti G. Miniutti

Questo tipo di variabilità non è mai stata vista in un AGN ed è stata chiamata "eruzioni quasi-periodiche" (QPE), per distinguerla dalle ben note "oscillazioni quasi-periodiche" (QPO), un fenomeno chiaramente diverso.
Queste ultime sono variazioni molto meno eruttive e molto meno forti delle QPE, oscillazioni più simili alle onde marine.
L’analisi della distribuzione energetica dei fotoni osservati mostra che si tratta di un fenomeno legato soltanto alla parte più interna del flusso di materia di accrescimento.
Dato che le eruzioni sono multiple e quasi-periodiche, è possibile che si tratti degli ultimi bocconi di un TDE: il pasto principale è avvenuto più di dieci anni fa e quello che vediamo è l’accrescimento di un residuo della stella, rimasto in orbita intorno al buco nero, che a ogni giro viene in parte smembrato.
In un modello alternativo, si tratta di variazioni che possono venire collegate alla generazione di una componente elusiva, chiamata "effetto soffice" osservata in altri AGN e queste osservazioni possono essere la chiave per capire anche questo tassello nella fisica dell’accrescimento.
Si tratta di una componente di emissione X a energie molto basse che viene osservata negli AGN più luminosi e non è completamente compresa.
L’osservazione di sorgenti in cui le proprietà dell’emissione X variano significativamente nel tempo (in questo caso l’apparire e lo sparire dell’eccesso soffice) è il modo migliore per comprendere la natura fisica delle varie componenti.
L’ampiezza dei picchi era sempre più debole man mano che il tempo passava, quindi non ci aspettiamo di vederne altri se l’andamento rimane quello, ma è chiaro che si tratta di una sorgente da tenere sott’occhio e seguirne l’evoluzione. A volte anche gli oggetti più normali e meno interessanti possono mostrare fenomeni importanti e significativi.

Di seguito il video con l’intervista di Media Inaf a Giovanni Miniutti e a Margherita Giustini i due autori italiani dello studio.



Per saperne di più:

Tre pasti al giorno per il buco nero dello Scultore - da Media Inaf - (11/09/2019)

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