La curiosità del mese
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Qual è il motore più potente della natura?
La curiosità del mese di dicembre 2014 a cura di Gabriele Ghisellini
È solo da circa 70 anni che sappiamo come funzionano le stelle.
C’è voluta la conoscenza del nucleo atomico per capire che i nuclei degli atomi di idrogeno, fondendosi per formare un nucleo di elio, sprigionavano una quantità di energia colossale.
Circa l’8 per mille della massa di quattro protoni viene trasformata in energia (secondo la formula più famosa del mondo: E=mc2).
Poi, agli inizi degli anni 60, veniva scoperta una sorgente, chiamata 3C 273, che sulle lastre fotografiche sembrava una stella, e che produceva una intensa emissione radio, che variava sui tempi scala di un mese. Quando si scoprì la sua distanza, si rimase increduli.
3C 273 si trova infatti a 2.5 miliardi di anni luce da noi.
Per essere così ben visibile (è di dodicesima magnitudine) deve essere potentissima, più di qualsiasi altra cosa vista prima.
E la variabilità indicava che la regione emittente doveva essere più piccola di un mese luce.
Come si fa a produrre una potenza così grande in un volume così piccolo?
Le reazioni termonucleari non bastano. Deve esistere un altro motore.
Passò solo qualche anno, e poi il mistero fu risolto. Il motore capace di produrre queste potenze mirabolanti è in fondo il più semplice di tutti, basato sulla gravità.
Però, per raggiungere i livelli necessari, la gravità deve essere prodotta da un buco nero pesante come un miliardo di soli.
La materia intorno al buco nero ne viene attratta, e prima di caderci sopra viene compressa, si scalda, ed emette.
In questo modo circa il 10 per cento della massa che cade viene trasformata in energia (vedi curiosità del novembre 2013).
È questo il motore più potente della Natura? Sembra di no.
C’è un altro fenomeno spettacolare, e potente.
Su dieci buchi neri supermassicci che accrescono materia, ce n’è uno che, oltre ad accrescere, riesce ad espellere materia in due getti antiparalleli.
La materia che fluisce in questi getti viene accelerata a velocità molto prossime quelle della luce (vedi curiosità di marzo 2010). Come ci riesca, non è ancora chiaro, ma non c’è dubbio che lo faccia.
L’emissione di questi getti, prodotta dal plasma che si muove, è fortemente collimata nella direzione del moto, come un faro. Se ci punta contro, vediamo sorgenti brillantissime, mentre se punta in altre direzioni, le stesse sorgenti diventano molto deboli (vedi curiosità di luglio 2014).
Quello che abbiamo fatto, e pubblicato in un recente numero della rivista Nature (link: articolo ), è stato di calcolare la potenza che questi getti devono avere per produrre la radiazione che vediamo, e confrontarla con la luminosità della materia che accresce.
Abbiamo trovato che il getto vince: la sua potenza è maggiore di quella prodotta dalla materia che cade verso il buco nero.
Questo indica un nuovo tipo di motore.
Per scoprire quale possa essere, dobbiamo pensare a quali fonti di energia sono disponibili.
Così scopriamo che effettivamente c’è un "deposito" di energia, contenuta nella rotazione del buco nero.
Si dice spesso che un buco nero "non ha capelli", intendendo con questo che ha solo tre proprietà: la sua massa, la sua carica, e infine la sua rotazione. Ebbene, la sua rotazione può fornire energia.
E non poca: il 29% della massa totale di un buco nero che ruota alla massima velocità possible può essere convertito in energia. Stiamo parlando di una quantità enorme, più che sufficiente per far funzionare un getto per qualche miliardo di anni.
Il problema è come attingere a questo immenso deposito. L’idea che incontra il maggiore favore, tra gli addetti ai lavori, è supporre che il campo magnetico prodotto dalla materia che sta cadendo sul buco nero riesca a "frenare" la sua rotazione.
L’energia persa da questo frenamento può venire usata per produrre e accelerare il getto.
Quindi ci dovrebbe essere un legame tra accrescimento e getto.
Se la quantità di materia che cade aumenta, aumenta anche il campo magnetico prodotto, e quindi anche il "frenamento" del buco nero, che quindi può produrre un getto più potente.
Ma perchè questo succede solo nel 10 per cento dei casi? Non lo sappiamo: questo è il prossimo mistero da risolvere.
Per saperne di più
Buchi neri col turbo - Press release INAF del 19 novembre 2014
Buchi neri col turbo - MediaInaf - Filmato su Youtube
Il motore più potente in natura? Un buco nero che rallenta la sua rotazione - Press release di Le Scienze del 20 novembre 2014